Lucia Barba

martedì 20 settembre 2011


Luce senza fine - acrilico su tela - 2008


Sogno di una notte di mezza estate - acrilico e olio su tela - 2011

martedì 19 gennaio 2010


Argento scarlatto.

Gli angeli profani
di

Lucia Barba

critica di Antonella Nigro


La tematica indagata pittoricamente da Lucia Barba è la figura femminile, soprattutto in riferimento alla complessità dell’inconscio, del sogno, del desiderio e dell’attesa.

L’analisi dell’eterno enigma muliebre, si rivela nella scelta dei simbolismi, nei sintetici e antitetici cromatismiutilizzati, nella costruzione e decostruzione delle composizioni spaziali.

In questo affascinante studio del sé, le donne, assumono spesso pose conchiuse, raccolte, simili a delicati boccioli di rosa, un petalo alla volta, un segreto in meno fino ad arrivare al cuore nascosto, all’anelato e misterioso centro di ogni passione, di ogni azione, della vita stessa. Ogni parte del corpo femminile, come petalo, è trattata come delicata, lirica sineddoche visiva, portatrice di significati più ampi e reconditi ed è, altresì, chiave di lettura per l’intensa interpretazione dell’essere donna offerta dall’artista.

Lo sguardo di queste stupende fanciulle è penetrante, essenziale, scruta e trafigge se diretto, turba e ammalia se rivolto altrove; il viso, inclinato è attesa sottile, penombra riflessiva, magico intervallo tra passato e presente, proteso è slancio vitale, dominio del vento, trasporto travolgente e violento; il collo è territorio tanto misterioso quanto privilegiato, libero, mai celato dai capelli, protagonista indiscusso di una bellezza seducente tesa al dono di sé; le mani, come nivee conchiglie, non si distanziano dal corpo per conquistare spazi o cingere eterogenei elementi, ma lo lambiscono come in un’eterna carezza sospesa tra tenerezza e maliziosa sensualità; la schiena è curva sinuosa che armoniosamente incatena, candido e impalpabile arcobaleno che meraviglia; il corpo è nastro d’argento avvolto e perduto, tagliato nettamente da ombre e luci.

La linea, morbida e decisa, abbraccia un’essenzialità cromatica che, abolendo frequentemente il dettaglio, rende i soggetti ritratti apparizioni immediate che acquisiscono una profonda efficacia perché allogate nella magica dimensione del silenzio, della riflessione e dell’ascolto.

Le donne di Lucia Barba, come metaforici specchi, guardano se stesse, in un desiderio complesso di conoscersi, di rivelarsi, di donarsi, infine, al mondo. Il candore della pelle le rende diafane, ancelle di Selene, angeli rapiti.

Figure d’argento dai capelli rubino, spesso abbandonati in lunghi e spietati riccioli, sciolti e fluenti, simili a onde marine, raramente raccolti in preziose acconciature. Questa voluta dicotomia cromatica, che gioca sui rapporti e sugli equilibri, anche simbolici, del bianco e del rosso, è tratto distintivo dell’artista che infonde una valenza duplice alle sue splendide creature: sì oracoli eburnei, serafici e marmorei, ma anche spiriti di passione scarlatta dal crine-capestro carminio, forieri di una seduzione porporina.

Il risultato è un’analisi e una proposta iconografica d’impatto molto forte riguardo la complessità della donna: bianco ghiaccio evanescente ed etereo disciolto lentamente, goccia dopo goccia, dall’ardente fiamma nascosta nei meandri del cuore femminile. Ecco il disvelamento, la scoperta dell’arcano: una passione universale, fortemente femminile per i vari aspetti della vita, illumina allegoricamente i fulvi capelli di creature incorporee, di una delicatezza inenarrabile, ma più che mai vive. Spirituale e materiale legati indissolubilmente, cielo e terra, anima e sangue.

Un matrimonio che crea irrequietezza e inquietudine, velate nelle figure femminili dipinte, autentiche e palesi nello spettatore, costretto a combattere con la contraddittorietà di una donna apparentemente inaccessibile nel suo splendido corpo d’avorio, ma che attende, con una cascata cremisi e con volto d’angelo (caduto), di essere compresa e conquistata. Non a caso la ricerca dell’artista si sofferma su soggetti e temi apparentemente opposti, ma proprio la loro inconciliabilità
li distingue e definisce come ultimo perfezionamento di ambiti d’indagine altrimenti parziali. Ci si riferisce al mito di Leda, interpretato dall’artista come giovane inconsapevole che per traslato, attraverso la danza, diviene un tutt’uno col divino tramutato in cigno. “Leda”, immagine della leggiadria ha come alter ego oscuro “Medusa” che del mito riporta meravigliosi gorghi smeraldo tra i capelli, così allo sguardo innamorato e ignaro dell’una si unisce quello crudele e malvagio dell’altra che, pietrificando, uccide. Eppure, entrambe, iconograficamente si somigliano, sorelle distanti ma complementari, così che l’analisi dell’artista riguardo l’ universo femminile con-teso tra bene e male, tenerezza e sensualità, ideale e reale sia completo.

L’assunto dell’opera di Lucia Barba si delinea, così, in tutta la sua poesia costituita essenzialmente da un’ inscindibile relazione tra anima e corpo: per cromia e simbolismo la figura femminile proposta dall’artista è goccia di sangue purpurea e lacrima cristallina sullo stesso viso di donna.


domenica 16 agosto 2009

Lucia Barba

professione:

boh! Con questa crisi..un poco di tutto, sostanzialmente quello che capita.

Sono nata il venerdì 17 dicembre del 1976, tra le 2:00 e le 2:30 (mia madre non ricorda l’ora precisa!) a Battipaglia (SA) e dopo una parentesi napoletana (laurea in Conservazione dei Beni Culturali), per ora vivo a Battipaglia, dove ho una piccola soffitta piena di cianfrusaglie che uso per dipingere.

Sono mancina.

Pittrice circa.

In poche parole creo (o almeno ci provo), dipingo soprattutto (acrilico, olio, acquarello, smalto e qualsiasi materiale mi viene a tiro), scatto foto (non di recente), scrivo (a volte), insegno ai bambini la magia di modellare la creta e a scatenare la fantasia con il disegno e la pittura.

Dipingo le donne, il loro inconscio, l’universo femminile, “me”, i diversi punti di vista, indago e interrogo la donna nella sua semplicità-complessità, con l’idea di esplorare la sua e la mia dimensione, come segno, materiale, suggestione artistica, visionarietà.

Rincorro la chimera della pittura, senza riuscire a smettere, perché la pittura è una parte di me.

Disegno da sempre (ho cominciato all’asilo) dipingo e faccio mostre dal 1995 (anno della maturità artistica) e dal 2000 con gli amici e compagni di sempre, abbiamo messo su un gruppo di belle e artistiche speranze -il TIAL- che si occupa di arte, mostre ed eventi.

Dicono di me: (…) L’assunto dell’opera di Lucia Barba si delinea, così, in tutta la sua poesia costituita essenzialmente da un’inscindibile relazione tra anima e corpo: per cromia e simbolismo la figura femminile proposta dall’artista è goccia di sangue purpurea e lacrima cristallina sullo stesso viso di donna (Antonella Nigro).